19 luglio 1992 è ormai tristemente famoso per la strage di via D’Amelio, l’attentato di stampo terroristico-mafioso avvenuto una domenica a Palermo, nel quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo.
Alle 16.58, una Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di esplosivo telecomandati a distanza, esplose in via Mariano D’Amelio 21, sotto il palazzo dove viveva la madre di Borsellino, presso la quale il giudice quella domenica si era recato in visita.
Il lavoro cominciato a Capaci, sulla strada che porta dall’aeroporto alla città, fu completato a Palermo, cinquantasette giorni dopo, in via Mariano d’Amelio. Dopo Giovanni Falcone toccò a Paolo Borsellino. Anche stavolta con il carico aggiuntivo degli agenti di scorta, saltati in aria insieme all’obiettivo che avrebbero dovuto proteggere. Era scritto, e Borsellino lo sapeva bene.
L’agente sopravvissuto Antonino Vullo descrisse così l’esplosione: «Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto».
A 26 anni dalla strage, dopo numerosi processi la verità su quel terribile attentato è ancora lontana, smontata la teoria fondata sul falso pentito Vincenzo Scarantino, gestito dal pool degli investigatori dell’ex questore Arnaldo La Barbera, il nuovo corso giudiziario sulla strage è ora ispirato dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza dalle quali sono scaturite due svolte. Una è quella che ha portato alla revisione del processo a sette personaggi già condannati all’ergastolo. E l’altra è quella che ha innescato un processo quater a carico dei boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e dei pentiti taroccati Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
L’irruzione di nuove figure criminali ha consolidato la matrice mafiosa, ma ha alzato nuove ombre sulle strategie e sugli obiettivi di chi ha guidato la macchina investigativa. E proprio su questo fronte la verità, che sembrava vicina, si è di nuovo allontanata dopo l’archiviazione delle posizioni di tre uomini-chiave del pool come Salvatore La Barbera, Vincenzo Ricciardi e Mario Bo.
Lucia Borsellino ha detto “Mio padre è stato ucciso due volte“.
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19 luglio 1970 la Francia consegna la dichiarazione di guerra a Berlino, inizia la GUERRA FRANCO-PRUSSIANA che durerà fino al 10 maggio 1971.
Premessa fu l’azione politico-diplomatica di Bismarck, che fin dalla guerra austro-prussiana del 1866 e dalla crisi del Lussemburgo del 1867 si era convinto di poter compiere l’unità tedesca sotto l’egemonia della Prussia solo mediante una vittoria militare sulla Francia. Il rifiuto di questa di sostenere la candidatura del principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen al trono di Spagna offrì a Bismarck l’occasione di assumere un atteggiamento apertamente antifrancese, che portò alla dichiarazione di guerra da parte di Parigi. La Francia, militarmente inferiore alla Prussia e agli altri Stati tedeschi, non si era preparata al conflitto neppure con un opportuno gioco di alleanze. Le armate tedesche, sotto il comando del generale Moltke, conseguirono immediatamente una serie di vittorie culminate il 1° settembre nella battaglia di Sedan. . Alla notizia del disastro di Sedan, a Parigi scoppiò la rivoluzione: fu proclamata la caduta dell’impero, l’imperatrice Eugenia fuggì, mentre un governo di difesa nazionale assumeva il potere. Gli eserciti francese e tedesco confluirono entrambi verso Parigi, che fu assediata dai Tedeschi. L’eroica resistenza all’invasore giustificò la frase coniata dal loro patriottismo del glorieux vaincu. Da ottobre alla fine del 1870 si susseguirono infruttuosamente i tentativi francesi di infrangere il blocco tedesco di Parigi a opera delle armate della Loira e del Nord, che però non avevano collegamenti fra loro e con la guarnigione della capitale. Anche l’offensiva dell’armata dell’Est, che voleva costringere Moltke a diminuire la pressione su Parigi, fallì, e il successo di Garibaldi a Digione (23 gennaio) non influì sull’andamento generale delle operazioni. All’inizio di gennaio il comando tedesco iniziò il bombardamento di Parigi e il 28 fu firmato l’armistizio. La pace fu conclusa col trattato di Francoforte il 10 maggio 1871, sottoscritto dal ministro A. Thiers, che dovette ratificare i preliminari di pace imposti da Bismarck, implicanti l’indennità di 5 miliardi, l’occupazione temporanea di una parte del territorio, la cessione dell’Alsazia e di una parte della Lorena, e anche la sfilata di una parte delle truppe vittoriose a Parigi, sugli Champs-Élysées.
La guerra franco-prussiana fu il più importante conflitto combattuto in Europa tra l’epoca delle guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale e si concluse con la completa vittoria della Prussia e dei suoi alleati. La conseguenza più rilevante fu la creazione dell’Impero tedesco, che mantenne un ruolo di grande autorevolezza nelle relazioni politiche internazionali dei decenni successivi.
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19 luglio 1985 si ricorda la triste catastrofe della Val di Stava che si verificò
quando i bacini di decantazione della miniera di Prestavel ruppero gli argini scaricando 160.000 m³ di fango sull’abitato di Stava, piccola frazione del comune di Tesero, provocando la morte di 268 persone. È tristemente famosa per essere stata una delle più grandi tragedie che abbiano colpito il Trentino in epoca moderna.